
La definizione di “vittime del dovere” ha acquisito crescente rilevanza nel contesto giuridico italiano, in quanto riferita ai pubblici ufficiali che, nell’esercizio delle proprie funzioni, hanno subito infermità invalidanti nell’adempimento del proprio dovere. Tale categoria giuridica si è consolidata progressivamente grazie al contributo normativo e giurisprudenziale, riconoscendo a tali soggetti specifici diritti risarcitori.
Le vittime del dovere, nella legislazione italiana, includono gli appartenenti alle forze di polizia e alle forze armate italiane, caduti o che hanno contratto infermità invalidanti nell’adempimento dei loro compiti istituzionali. L’espressione compare in vari provvedimenti normativi, emanati tra gli anni ’70 e ’80, in concomitanza con gravi eventi di matrice terroristica o criminale, volti a prevedere una serie di misure risarcitorie a favore degli invalidi o degli eredi dei deceduti.
La prima disposizione normativa in materia risale alla legge 27 ottobre 1973, n. 629, che istituì una pensione speciale per le vedove ei figli degli appartenenti alle forze di polizia. Successivamente, con la legge 28 novembre 1975, n. 624, venne introdotto il risarcimento a favore dei familiari delle vittime.
Con la legge 13 agosto 1980, n. 466, che apportava modifiche sostanziali alla legge 629/1973, venne ufficialmente introdotta la definizione di “vittima del dovere”: “Si intendono per vittime del dovere, ai sensi del comma precedente, i soggetti di cui all’articolo 1 della presente legge, deceduti nelle circostanze ivi indicate, nonché coloro che sono deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di eventi connessi all’espletamento di funzioni istituzionali, derivanti da rischi specifici legati a operazioni di polizia preventiva o repressiva o all’espletamento di attività di soccorso.
Con la legge finanziaria del 2016, all’articolo 1, comma 563 della legge n. 266/2005, viene ulteriormente ampliato il concetto di vittime del dovere, stabilendo che rientrano in tale categoria “i soggetti previsti dall’articolo 3 della legge 13 agosto 1980, n. 466, nonché gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente nell’espletamento delle funzioni di istituto o in attività di servizio a causa di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi:
a) nel contrasto a qualsiasi forma di criminalità;
b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico;
c) nella vigilanza delle infrastrutture civili e militari;
d) in operazioni di soccorso;
e) in attività di tutela della pubblica incolumità;
f) a seguito di azioni subite in contesti di lavoro internazionale, anche in assenza di
Infine, il DPR 243/2006 regolamenta integralmente la materia, riconoscendo i benefici ai familiari delle vittime e agli invalidi per eventi accaduti in Italia a partire dal 1961.
GIURISPRUDENZA RILEVANTE
La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 10791 del 2017 ha offerto una chiara interpretazione in merito al riconoscimento dello status di vittima del dovere, soffermandosi in particolare sulla pericolosità intrinseca delle situazioni in cui gli eventi lesivi si verificano. Nella decisione, la Corte afferma che non ogni infermità contratta “nella vigilanza di infrastrutture civili e militari” o “in attività di tutela della pubblica incolumità” sia sufficiente a conferire lo status di vittima del dovere. Come correttamente osservato dai giudici di merito, l’equiparazione con i soggetti di cui all’art. 3, legge n. 466/1980, può sussistere solo qualora tali attività implichi una pericolosità particolare e rischi qualificati, rispetto a quelli cui può essere esposta la generalità dei dipendenti pubblici.
LA CORTE COSTITUZIONALE CORREGGE LA DISCIPLINA RELATIVA ALLE VITTIME DEL DOVERE.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 122 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 151/2008 (come modificato dalla legge n. 94/2009), nella parte in cui escludeva i benefici per i superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata a favore di parenti o affini fino al quarto grado di persone soggette a misure di prevenzione o indagare per reati gravi, senza possibilità di dimostrare la loro estraneità al concorso, ovvero di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento penale per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
La questione di legittimità era stata sollevata dalla Corte d’Appello di Napoli, la quale riteneva irragionevole l’esclusione automatica, rilevando che poteva danneggiare proprio coloro che, dissociandosi dal contesto familiare, avevano subito perdite gravi.
La Corte ha condiviso questa argomentazione, sostenendo che la norma imponeva una presunzione assoluta di contiguità al contesto criminale solo in base al vincolo di parentela, senza considerare l’effettiva condotta del singolo. Ha stabilito che “I benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo o della criminalità organizzata non possono essere negati in ogni caso ai parenti e agli affini entro il quarto grado di persone sottoposte a misure di prevenzione o indagate per alcune tipologie di reato”.
Secondo la Consulta, il meccanismo presuntivo risultava eccessivamente rigido e irragionevole, poiché penalizzava gli individui che si erano allontanati dalle dinamiche familiari criminali. La disposizione, inoltre, violava l’art. 24 della Costituzione, in quanto impediva agli interessati di dimostrare la propria estraneità e meritevolezza in sede giudiziaria.
La Consulta ha inoltre rimarcato come la disposizione censurata rischiasse di trasformarsi in un’inaccettabile forma di “stigma familiare”, penalizzando chi si fosse allontanato dalla famiglia per le proprie scelte di vita, senza offrire la possibilità di dimostrazione.
PRESCRIZIONE
Diversi pronunce della Corte di Cassazione hanno confermato che il diritto di richiedere il riconoscimento dello status di vittima del dovere è imprescrittibile (Cass. 17440/2022). In particolare, la Corte ha precisato che “l’imprescrittibilità della pretesa deriva dalla riconosciuta natura di status della condizione di vittima del dovere e non da una facoltà inesistente dell’amministrazione di attribuirla d’uffici”.
Recentemente, la sentenza n. 3868 dell’8 febbraio 2023 ha stabilito un importante principio circa la possibilità di prescrivere l’azione di accertamento per il riconoscimento dello status di vittima del dovere e, in caso positivo, dei relativi diritti economici. Pur ribadendo la prescrizione dei ratei superiori a dieci anni, la Corte ha escluso che il diritto costituzionalmente garantito all’art. 38 Cost. possa essere intaccato. Ciò significa che la richiesta per il riconoscimento dello status di vittima del dovere può essere presentata in qualsiasi momento per eventi occorsi a partire dal 1° gennaio 1961, indipendentemente dal tempo trascorso dall’evento lesivo.
L’unico elemento soggetto a prescrizione decennale è il diritto al beneficio economico, la cui inerzia protratta per un periodo eccessivo può essere interpretata come disinteresse all’esercizio del diritto stesso.
BENEFICI
La vittima del dovere, o i suoi familiari in caso di decesso, ha diritto al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, patiti e patiendi.
Hanno inoltre diritto a:
- una speciale elargizione di € 200.000, oltre a rivalutazione monetaria, in caso di inidoneità al servizio o invalidità pari o superiore all’80% (negli altri casi, € 2.000 per punto percentuale di invalidità, oltre a riv
- assegno vitalizio mensile di € 500,00, a condizione che vi sia una lesione invalidante pari almeno al 25%;
- speciale assegno vitalizio mensile di € 1.033,00, sempre a condizione di una lesione
- due annualità di pensione per gli aventi diritto alla pensione di reversi
- esclusione IR
- diritto all’assunzione per chiamata diretta, con precedenza assoluta rispetto ad altre categorie, esteso anche ai figli e/o al coniuge in caso di decesso o invalidità che impedisce la prosecuzione dell’attività lavorativa
- esenzione dal pagamento del ticket sanitario;
- accesso a borse da studio;
- assistenza psicologica.
In caso di decesso, le prestazioni maturate dalla vittima vengono erogate ai suoi eredi legittimi, che hanno altresì diritto alla costituzione delle relative prestazioni previdenziali